Settembre 2022 – Zatemno (Затемно)

 

L’inferno come condizione in terra e nella mente irreparabilmente ed inesorabilmente deviata dalla vita: i russi Zatemno (Затемно, per chi ha il piacere e le capacità linguistiche per leggerli in idioma madre) esplorano un aspetto dell’esistenza che, tra bottiglie vuote, precarietà esistenziale e un futuro bruciato come tabacco e catrame senza che nemmeno passi per un filtro cartaceo, troppo spesso evita di essere toccato per la medesima paura di ammetterlo a noi stessi. Per questo ed altri motivi ovviamente e più squisitamente musicali, “In Hell” (“В Аду”Heidens Hart Records) ha il dovere e l’impegnativo compito di rompere finalmente il silenzio mensile protrattosi fin dalla fine di giugno, con due mensilità intere di davvero inedita impossibilità qualitativa all’assemblaggio di un articolo simile. L’attesa però finisce qua, perché il poker di magnifici quattro torna col finire di settembre ad essere sostanzioso: oltre al secondo album degli anonimi (non per meriti artistici) musicisti russi, la sempre provvidenziale Norma Evangelium Diaboli (tramite l’ala estrema del disprezzo End All Life) ci delizia con il ritorno ed epitaffio al tempo stesso di una band tedesca che ci ha lavorato sopra per quattordici anni; Purity Through Fire rinnova poi con una (in)solita tedescata l’entusiasmo del nostro Ordog, il quale ci regala anche il quarto consiglio di oggi – vestito di un blu tutto novantiano e patrocinato dall’al solito meritevole di attenzione Northern Silence Productions.
Si riparte, dunque: con un sole che viene rubato e sostituito dalla foggia spettrale di un cappio pronto all’uso, e diavoli che sussurrano parole mielate in orecchie ignare dei loro diabolici doppi fini…

 

 

Il secondo album in studio degli Zatemno è senza dubbio una prova di maturità, a suo modo, che riconferma in quanto tale tutti gli sprazzi di avanguardistica bontà trovati nel decisamente più timido debutto, ma che anche e fortunatamente li amplia illuminandoli, sporcandoli al contempo delle mutevoli rifrazioni di nuove influenze. Gli ultimi Peste Noire restano un precedente a tratti stilisticamente quanto intuitivamente troppo vicino per la misteriosa band dell’oblast’ moscovita; e tuttavia, quando finalmente questi mescolano la loro innegabile prima influenza a tutto ciò che riescono invece a trovare attorno a loro, più prossimo nel circondario dell’esistenza e dell’inesistenza (non da ultimo una dimessa, pauperistica atmosfera di stampo folkloristicamente slavo), episodi d’inventiva come “Cold (Студёная)”, “Separated (Разлучная)” e “Faithful (Верная)” diventano interessantissimi e creati con una folle, ingegnosa maestria per poter resistere al durare del tempo e degli ascolti. La direzione è quella giusta: ancora un passettino soltanto verso il capolinea della personalità e il prossimo lavoro sarà senza dubbio eccellente.”

Sotto alla sgangherata patina di menefreghismo dei russi Zatemno si nascondono dei capaci ed inventivi musicisti che, a dispetto di una visione d’insieme ancora parzialmente annebbiata da un calice di troppo di quell’ottimo vino d’Alvernia chiamato Peste Noire, mettono sul tavolo una proposta che che fra avanguardia, pensiero e folklore prende coordinate a dir poco affascinanti: un apparato visivo curato, uno stile che pur partendo da influenze dichiarate si presenta delineato, mai banale e dalla presa immediata e -soprattutto- una facilità di scrittura che oltre a far volare la mezz’ora di disco lascia intendere che il meglio debba ancora venire. I cinque capitoli di “In Hell” infatti riescono a far emergere fra le righe un animo radicatamente russo e più generalmente slavo per uso degli strumenti e incedere, che, coadiuvato dalla spigliata capacità narrativa nel mescere il grottesco a distorte sfumature urbane e decadenti, rendono il secondo full-length della band un’uscita da non perdere di una giovane formazione ad un passo dalla definitiva maturità.”

Per gli amanti di contesti musicali dal tocco medieval-folkloristico e in un certo qual modo bucolico, il secondo disco dei russi Zatemno casca alla perfezione in questo ultimo periodo abbastanza scarno di produzioni degne di nota in ambito Black Metal. Nonostante la band debba palesemente ancora crescere, considerando che i momenti migliori e maggiormente coesi sotto l’aspetto compositivo risultano proprio quelli piuttosto derivativi di un nome francese davvero ovvio all’ascolto, gli Zatemno dimostrano comunque ampi margini di miglioramento, in particolare nel corso della seconda traccia dell’album: tra urbanismi periferici e Post-Punk, più vagheggi di follia, il brano si carica infatti di riuscita sperimentazione e soluzioni più personali rispetto alle linee guida derivanti dai Peste Noire – anche se, a tratti, questa canzone che se vogliamo è anche un po’ simbolo e metafora del disco nella sua interezza diventa vagamente sconclusionata e, nel finale, addirittura fastidiosa. Ma chissà che non sia questo strambo aspetto ad essere invece proprio un pregio per qualche selezionato orecchio?”

I Kathaaria, di ritorno dal silenzio di morte che li ha avvolti subito dopo il 2008 del debutto “The Complex Void Of Negativity”, uscito per End All Life come il suo successore: l’interessante, fin dal titolo, “To Be Shunned By All​.​.​.​ As Centres Of Pestilence”. Chi ha voglia di musica che presenta tutti i crismi anelati in venti anni da NoEvDia e la vuole tagliata con aggressività tedesca, ha trovato pane per i suoi denti.

“To Be Shunned By All… As Centres Of Pestilence” è a tutti gli effetti l’espressione musicale di artisti attivi in un certo ambiente Black Metal da anni ma forse privati di una valvola di sfogo espressivo: il comparto di riff e strutture che i Kathaaria inanellano raggiunge picchi di grande dinamicità ed espressività, rivelando quello che è molto probabilmente il lavoro di anni qui accumulato, selezionato e veicolato con grande esperienza e sapienza tecnica. Partendo da quella tendenza tutta tedesca che tende a ricercare una dimensione sonora spuria attingendo da soluzioni Metal ad ampio spettro ma rimanendo più feroce che in altri lidi geografici, i Kathaaria tuttavia faticano a trovare l’espressività altra di nomi come The Ruins Of Beverast o Ascension, arginando un’urgenza artistica che comunque c’è ma che, fra le righe di quel suono organico e cristallino a metà fra melodia e dissonanza, rischia di suonare ‘soltanto’ come un ottimo e interessante disco d’addio: uno zibaldone dimostrativo di ciò che i due personaggi dietro al progetto avrebbero forse dovuto articolare e caratterizzare più gradualmente durante la scorsa decade.”

Si rimane in Germania ma si semplifica notevolmente la proposta: se i nomi di Mavorim, Eisenkult, Sarkrista (oppure Vargsang, o anche Sielunvihollinen – spostandoci di paese e/o di label) hanno contato qualcosa per voi negli ultimi anni di esplosione del soprendentemente probabile ménage teuto-finnico, allora i debuttanti Atronos sono qualcosa da non perdere. Le motivazioni per cui dovreste dare una possibilità a “Fehde” però ve le elenca per bene, come nessun altro di noi saprebbe fare, Ordog

“Introdotta agli estimatori delle teutoniche barbarie grazie ad uno split coi cugini Eisenkult, questa nuova bestia lasciata libera per i tranquilli borghi della Sassonia prende in prestito giusto un pochino di quella semplicità (al contrario eccessiva nei due tutto sommato evitabili full-length dei compari appena citati) e la usa per livellare l’estrema rigidità degli altri progetti paralleli Mavorim e Drudensang giungendo ad una buona via di mezzo tra serietà formale ed effettivo disimpegno. Nei soli trentasei minuti di “Fehde” c’è infatti tutto quel che vorremmo avere da due artigiani come Henker e Baptist, entrambi finalmente alle prese con una prova compatta ove l’alternarsi tra classicissimo Schwarzmetall, guerreschi cori in pulito e reminiscenze Punk-Oi diverte senza pesare per nulla, ed anzi si esaurisce sapientemente ai primissimi accenni di noia. Agli orecchi dei non-aficionados parrà (nemmeno a torto) l’ennesimo gruppetto tedesco sotto Purity Through Fire, ma già dal solido esordio gli Atronos si sono messi alla testa di quel turbolento corteo con fumogeno in una mano, spranga nell’altra e lampi che saettano dalle pupille dilatate.”

Si passa infine in Grecia territorialmente ma, anche qui, nel caso dei non nuovi Lunar Spells, il matrimonio tra terra e fattezze della musica resta quantomeno peculiare. “Demise Of Heaven” arriva con una puntualità da tasse, ancora una volta per la benamata Northern Silence Productions, ma mostra un’ispirazione per nulla spenta dal precedente “Where Silence Whispers” riconfermando la bontà semplice ma efficace del gruppo.

“Con un anno preciso intercorso dal pregevole debut ed una mentalità da indefessi manovali che non può non farli stare simpatici a pelle, non stupisce che l’unico miglioramento palpabile nell’opera seconda dei Lunar Spells si limiti alla magnifica copertina dalle assai rivelatorie tinte bluastre; ma lungi dall’essere ciò un motivo di malcontento, almeno per chi a questo mondo sa ancora godersi una mezz’ora abbondante di Black Metal dallo spiccato gusto finnico contagiato dalle notturne atmosfere svedesi, ed inspiegabilmente messo su disco da un terzetto ellenico. Pur nella sua ortodossia la proposta dell’act continua infatti a godere anche su questo “Demise Of Heaven” del giusto respiro dato dai momentanei quanto gustosi rallentamenti, dove le sottili keyboards giocano di contrasto al grattugiare delle sei corde componendo melodie soavi, specie nella seconda metà del platter dove si respira a pieni polmoni l’aria di Lappeenranta. Non è necessario essere scampati ad un’estate d’inedia per apprezzare prove di questo calibro, ma solo passione per un genere in cui, va sempre ricordato, le vette toccate dai veri maestri vanno di pari passo con la solidità delle basi disposte dalle seconde linee.”

Poco da aggiungere questa volta in chiusura, se non una piccola premonizione di qualche sorta: le nostre potenti sfere di cristallo (altresì chiamate anteprime) ci preannunciano che da qui alla fine di questo bizzarro 2022 non si ripeteranno più momenti di stanca totale come quelli vissuti tra luglio e agosto, e vi suggeriscono anche di ascoltare appena sarà possibile -in ordine di pubblicazione- Ateiggär (qualora il nome vi fosse curiosamente nuovo, ascoltate nell’attesa l’EP introduttivo del 2019, “Us D‘​r H​ö​ll Chunnt Nume Zyt”, e poi rifatevi il palato qui) e Kampfar, con i loro nuovi “Tyrannemord” e “Til Klovers Takt” (in arrivo rispettivamente per Eisenwald Tonschmiede ed Indie Recordings tra il 28 ottobre dei primi e l’11 novembre dei secondi). Ma questi non saranno assolutamente gli unici nomi di cui andremo a parlare nel giro di un mesetto, quando anche l’ottobre in corso si sarà eclissato nella parte più oscura e notturna del firmamento…

 

Matteo “Theo” Damiani

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